LA BRUTTA ESTATE DELL’ECONOMIA
Riportiamo un articolo pubblicato nel Corriere del Ticino il 20 Luglio 2012
di ALFONSO TUOR
Sta accadendo quanto si temeva. È stato lo stesso Fondo monetario internazionale a confermarlo. La crescita dell’economia mondiale sta frenando e soprattutto si moltiplicano i rischi di un suo ulteriore peggioramento. Lo scenario internazionale ricorda sempre più l’estate che precedette la crisi finanziaria del 2008. Le economie dei grandi Paesi emergenti (dalla Cina all’India fino al Brasile) stanno vistosamente rallentando, la crescita americana è modesta e soprattutto balbettante e gran parte dell’Europa è addirittura in recessione. Ed è proprio sulla crisi della zona dell’euro che si concentrano le maggiori preoccupazioni.
Il timore maggiore dell’FMI è che nelle prossime settimane venga precluso l’accesso di Italia e Spagna ai mercati finanziari. I tassi di interesse che devono pagare questi Paesi rimangono molto alti: quelli spagnoli sfiorano il 7% e quelli italiani il 6% e il differenziale dei tassi di questi Paesi rispetto a quelli tedeschi rimane molto elevato. Insomma, le manovre economiche varate dai Governi di Madrid e di Roma non hanno provocato una diminuzione del costo del denaro che questi Paesi devono pagare per rifinanziarsi sui mercati. Anzi, c’è di più: è proseguita la fuga verso lidi ritenuti più sicuri, come dimostra il fatto che i tassi a breve dei titoli di Germania, Olanda, Finlandia e Austria e di due Paesi non appartenenti all’euro come Svizzera e Danimarca sono addirittura negativi. In pratica, gli investitori devono pagare per detenere i titoli di questi Paesi. Questo fenomeno può essere spiegabile solo se c’è l’aspettativa di una spaccatura dell’euro. Si comprano, ad esempio, titoli tedeschi perdendo, solo se si ritiene che si potrà essere ricompensati da una rottura dell’euro e dall’aumento del tasso di cambio della moneta in cui questi titoli verranno riconvertiti. Questo andamento dei mercati dei capitali conferma la scarsa credibilità delle decisioni adottate all’ultimo vertice europeo di Bruxelles. Non funziona lo scudo anti-spread, voluto e ottenuto dall’Italia per spingere al ribasso i rendimenti dei propri titoli pubblici. Quello che doveva essere un deterrente contro la speculazione sembra essere nato già morto e la Germania lo sta addirittura seppellendo. Infatti il Sistema europeo di stabilità (ESM), dotato di 500 miliardi di euro, che avrebbe dovuto essere operativo dallo scorso primo luglio, non potrà decollare prima del prossimo 12 settembre quando la Corte costituzionale tedesca si esprimerà sui ricorsi di incostituzionalità. Insomma l’Italia e la Spagna trascorreranno questa insidiosa estate senza questo scudo e potranno ricorrere solo al centinaio di miliardi di euro ancora a disposizione del vecchio Fondo salva-Stati, una cifra ridicola che non può impaurire la speculazione. Ciò non vuol dire che Italia e Spagna saranno le prossime vittime della crisi dell’euro, poiché se si scatenasse un forte attacco contro i titoli italiani e spagnoli, sarebbe molto probabile una nuova discesa in campo della Banca centrale europea, come era già accaduto alla fine dell’estate dell’anno scorso, quando la BCE spese oltre 200 miliardi di euro per acquistare i titoli dei Paesi periferici, non riuscendo però ad incidere in modo significativo sui loro rendimenti. È comunque probabile una ripetizione di quegli interventi e forse anche qualche altra iniezioni di liquidità nel sistema bancario europeo sempre più in difficoltà. Questi interventi non risolveranno la crisi, ma permetteranno di guadagnare tempo.L’uscita dalla crisi appare sempre più lontana. Il debito pubblico e privato continua ad aumentare nonostante le politiche di austerità. Le manovre varate dai Paesi in difficoltà vengono in gran parte vanificate dall’elevato costo del denaro. D’altro canto, la recessione si fa sempre più pesante con il risultato di vanificare in gran parte gli aumenti della pressione fiscale e di incidere sul gettito fiscale. Insomma, Italia e Spagna, che sono oggi in prima linea nella battaglia per salvare l’euro, rischiano di cadere in una spirale del debito dalla quale è molto difficile uscire. Tutto ciò induce a condividere la dichiarazione di Angela Merkel, secondo cui «non è certo che il progetto europeo funzionerà» e quella dell’FMI, secondo cui «i mercati finanziari restano sotto pressione, sollevando dubbi sulla stessa sopravvivenza dell’euro». Insomma, l’economia mondiale, ovunque in forte rallentamento, rischia di essere di nuovo alla vigilia di una grave crisi, che questa volta potrebbe partire dall’Europa.
Sta accadendo quanto si temeva. È stato lo stesso Fondo monetario internazionale a confermarlo. La crescita dell’economia mondiale sta frenando e soprattutto si moltiplicano i rischi di un suo ulteriore peggioramento. Lo scenario internazionale ricorda sempre più l’estate che precedette la crisi finanziaria del 2008. Le economie dei grandi Paesi emergenti (dalla Cina all’India fino al Brasile) stanno vistosamente rallentando, la crescita americana è modesta e soprattutto balbettante e gran parte dell’Europa è addirittura in recessione. Ed è proprio sulla crisi della zona dell’euro che si concentrano le maggiori preoccupazioni.
Il timore maggiore dell’FMI è che nelle prossime settimane venga precluso l’accesso di Italia e Spagna ai mercati finanziari. I tassi di interesse che devono pagare questi Paesi rimangono molto alti: quelli spagnoli sfiorano il 7% e quelli italiani il 6% e il differenziale dei tassi di questi Paesi rispetto a quelli tedeschi rimane molto elevato. Insomma, le manovre economiche varate dai Governi di Madrid e di Roma non hanno provocato una diminuzione del costo del denaro che questi Paesi devono pagare per rifinanziarsi sui mercati. Anzi, c’è di più: è proseguita la fuga verso lidi ritenuti più sicuri, come dimostra il fatto che i tassi a breve dei titoli di Germania, Olanda, Finlandia e Austria e di due Paesi non appartenenti all’euro come Svizzera e Danimarca sono addirittura negativi. In pratica, gli investitori devono pagare per detenere i titoli di questi Paesi. Questo fenomeno può essere spiegabile solo se c’è l’aspettativa di una spaccatura dell’euro. Si comprano, ad esempio, titoli tedeschi perdendo, solo se si ritiene che si potrà essere ricompensati da una rottura dell’euro e dall’aumento del tasso di cambio della moneta in cui questi titoli verranno riconvertiti. Questo andamento dei mercati dei capitali conferma la scarsa credibilità delle decisioni adottate all’ultimo vertice europeo di Bruxelles. Non funziona lo scudo anti-spread, voluto e ottenuto dall’Italia per spingere al ribasso i rendimenti dei propri titoli pubblici. Quello che doveva essere un deterrente contro la speculazione sembra essere nato già morto e la Germania lo sta addirittura seppellendo. Infatti il Sistema europeo di stabilità (ESM), dotato di 500 miliardi di euro, che avrebbe dovuto essere operativo dallo scorso primo luglio, non potrà decollare prima del prossimo 12 settembre quando la Corte costituzionale tedesca si esprimerà sui ricorsi di incostituzionalità. Insomma l’Italia e la Spagna trascorreranno questa insidiosa estate senza questo scudo e potranno ricorrere solo al centinaio di miliardi di euro ancora a disposizione del vecchio Fondo salva-Stati, una cifra ridicola che non può impaurire la speculazione. Ciò non vuol dire che Italia e Spagna saranno le prossime vittime della crisi dell’euro, poiché se si scatenasse un forte attacco contro i titoli italiani e spagnoli, sarebbe molto probabile una nuova discesa in campo della Banca centrale europea, come era già accaduto alla fine dell’estate dell’anno scorso, quando la BCE spese oltre 200 miliardi di euro per acquistare i titoli dei Paesi periferici, non riuscendo però ad incidere in modo significativo sui loro rendimenti. È comunque probabile una ripetizione di quegli interventi e forse anche qualche altra iniezioni di liquidità nel sistema bancario europeo sempre più in difficoltà. Questi interventi non risolveranno la crisi, ma permetteranno di guadagnare tempo.L’uscita dalla crisi appare sempre più lontana. Il debito pubblico e privato continua ad aumentare nonostante le politiche di austerità. Le manovre varate dai Paesi in difficoltà vengono in gran parte vanificate dall’elevato costo del denaro. D’altro canto, la recessione si fa sempre più pesante con il risultato di vanificare in gran parte gli aumenti della pressione fiscale e di incidere sul gettito fiscale. Insomma, Italia e Spagna, che sono oggi in prima linea nella battaglia per salvare l’euro, rischiano di cadere in una spirale del debito dalla quale è molto difficile uscire. Tutto ciò induce a condividere la dichiarazione di Angela Merkel, secondo cui «non è certo che il progetto europeo funzionerà» e quella dell’FMI, secondo cui «i mercati finanziari restano sotto pressione, sollevando dubbi sulla stessa sopravvivenza dell’euro». Insomma, l’economia mondiale, ovunque in forte rallentamento, rischia di essere di nuovo alla vigilia di una grave crisi, che questa volta potrebbe partire dall’Europa.